Dal dovere al volere

L’Historisches Museum e il Natur-Museum di Lucerna sono in fase di accorpamento per formare un nuovo museo cantonale. Motore di questa trasformazione è il progetto partecipativo «Wunsch(T)räume», in cui il pubblico vecchio e nuovo conta allo stesso modo del personale del museo.

All’inizio di quest’anno il Museo storico e il Museo della natura di Lucerna hanno invitato i visitatori e le visitatrici a raccontare qualcosa di sé. Con l’iniziativa, intitolata «Du bist, willst und magst!» («Tu sei, vuoi, puoi! »), i due musei intendevano conoscere meglio il loro pubblico; una cosa è emersa con grande chiarezza: nel futuro allestimento, i bambini del cantone vogliono vedere i dinosauri. Almut Grüner, direttrice dei due musei, sorride mentre lo racconta, e alza le spalle perché nelle sue collezioni non c’è proprio modo di trovare un dinosauro: «Ma forse non ce n’è nemmeno bisogno. Forse può essere un punto di partenza per collegare i nostri reperti di mammut ai dinosauri e al canton Lucerna»

Almut Grüner guiderà i due musei verso un comune futuro programmatico. In questo caso, il futuro è «un nuovo museo interdisciplinare in cui i temi della natura e la storia del Canton Lucerna sono strettamente intrecciati». All’origine dell’accorpamento, nel 2008, c’era la richiesta del cantone di risparmiare. La fusione operativa è stata avviata da Christoph Lichtin, allora direttore del Museo storico e responsabile dei Musei cantonali di Lucerna, che entro il 2019 ha unificato i dipartimenti marketing e comunicazione, contabilità e tecnica dei due istituti. A partire dal 2020, Almut Grüner e i suoi collaboratori hanno costituito in tutto quattro dipartimenti, che operano trasversalmente nei due musei; sulla fusione legale nel «Luzerner Museum für Natur, Geschichte und Gesellschaft» («Museo della natura, della storia e della società di Lucerna») ha deliberato il consiglio cantonale nel giugno scorso: entro il 2030, in una sede ancora da definire, sorgerà un grande museo moderno con un valore aggiunto per la popolazione. Con la prevista modifica della Legge sulla promozione della cultura, che avrà luogo alla fine del 2022, la fusione sarà operativa anche dal punto di vista formale.

Raccogliere e prendere sul serio i desideri

Ma quali storie dovrà raccontare il nuovo museo della città e della campagna di Lucerna? E cos’altra dovrà saper fare? «Il nuovo museo dovrà in primo luogo divertire», dice Grüner, che svolgendo la sua attività professionale in Inghilterra ha visto la felicità dei visitatori e delle visitatrici dei musei. Nel dibattito su un lavoro di comunicazione ed educazione al passo con i tempi, l’Inghilterra ha molti spunti da offrire. Così, per elaborare una base di «Felicità e divertimento», Grüner ha varato il progetto di partecipazione «Wunsch(T)räume» («Sogni/Spazi del desiderio») e introdotto la figura professionale dell’esperto in partecipazione. A impostare, seguire, consolidare e valutare il progetto è stata chiamata Agnieszka Christen.

Spiega Christen: «All’interno, ‹Wunsch(T)räume› dà il via al cambiamento strategico e all’intensificazione del lavoro partecipativo; all’esterno, dà alla popolazione la possibilità di collaborare alla progettazione del nuovo museo, prendendo parte a laboratori, sondaggi e formati sperimentali». «Wunsch(T)räume» è finanziato per un triennio con sovvenzioni della Stiftung für Kunst, Kultur und Geschichte SKKG di Winterthur, con fondi del proprio bilancio e con donazioni delle associazioni degli amici dei due musei.

Un incrocio tra Lenzburg e l’Inghilterra

La stessa funzione ricoperta da Christen è espressione di un atteggiamento e di un segnale, e cioè «che la partecipazione non è qualcosa che un’organizzazione fa ‹in più› rispetto alle attività quotidiane»: piuttosto, spiega Grüner, si tratta di fare in modo diverso ciò che si è fatto finora. «Io intendo la partecipazione come un metodo», potremmo paragonarla a una cultura, o a una prassi che si applica a tutte le attività di una organizzazione – un po’ come altri temi all’ordine del giorno, quali la sostenibilità o la diversità. A tale proposito, Grüner ha in mente non tanto un modello unico, quanto un mix «tra lo Stapferhaus di Lenzburg, il museo nazionale dei bambini Eureka! di Halifax e il Leeds City Museum». Un esperimento, dunque: e perché no? Se lo possono permettere, visto che i due musei sono tra i più frequentati della città di Lucerna.

L’obiettivo di «Wunsch(T)räume» è «accompagnare la popolazione a scoprire di più sul nostro pubblico e non pubblico, a sperimentare formati e stringere contatti», continua Christen, che con un approccio sistematico e deciso si apre a settori del pubblico finora poco rappresentati, come le persone anziane, con il formato del caffè narrativo, o i giovani, con il formato di una «mostra dei giovani per i giovani». «L’inaugurazione di questa mostra interattiva è tra poche ore, e le sale hanno ancora un’aria paurosamente incompleta», dice. E improvvisamente si ha un’idea molto concreta di quanto deve essere arduo, per un professionista dei musei, in una situazione partecipativa come questa cedere le proprie competenze, mettere da parte decenni di esperienza e conoscenze per affidarsi a qualcun altro.

La formula della partecipazione: all’altezza degli occhi

Come immaginano la partecipazione Christen e Grüner? Entrambe concordano che l’espressione migliore della loro visione sia «All’altezza degli occhi», e ritengono che molti musei falliscono proprio su questo punto: «Perché all’altezza degli occhi significa dare spazio all’altro con le sue idee, occuparsi di lui e dei suoi interessi. A volte questo porta a soluzioni che noi non avremmo scelto, o che avremmo realizzato diversamente». Così i giovani hanno scelto un tema di cui la curatrice non aveva nemmeno idea che facesse parte della loro vita: il sogno lucido. Ancora, nei suoi laboratori Christen ha scoperto che i visitatori e le visitatrici desidererebbero formati in cui, da un lato, ascoltare di più e, dall’altro, potersi esprimere di più, ad esempio come testimoni, con una propria storia.

L’esempio dei giovani che sono diventati dei mediatori dimostra che la partecipazione crea un valore aggiunto tanto individuale quanto sociale, perché si sono aperti degli spazi sociali nuovi. Ma quali ripercussioni ha la nuova impostazione del lavoro museale all’interno, vale a dire sull’immagine di sé e sulla definizione dei compiti classici del personale? Grüner sospira: «Ciò che da fuori può non sembrare tanto rivoluzionario, all’interno, sul piano organizzativo, porta un certo scompiglio. Con il passaggio alla modalità partecipativa, molti collaboratori si sentono criticati nella propria attività, hanno paura che la loro professionalità vada perduta». E qui «Wunsch(T)räume» diventa letteralmente uno spazio in cui sviluppare e praticare una concezione nuova: Christen e Grüner sognano un gruppo di inclusione in cui, in futuro, da tre a quattro collaboratori elaborano, realizzano e valutano insieme, nella maniera più naturale, formati partecipativi. E nel migliore dei casi, questo diventerà il modo normale per organizzare una mostra.

Katharina Nill